gerasa

Nome Arabo

جرش‎

Nome antico

Gerasa

Regione

Jerash Governorate

Coordinate

32.272281, 35.891397

Introduzione

Secondo Yaqut, il famoso geografo arabo del XIII secolo, già ai suoi tempi l’antica Gerasa era un campo di rovine. Nuove informazioni ci sono note all’inizio del XIX secolo. Seetzen, Burckhardt e Buckingham visitano il sito tra il 1806 e il 1816. Ai loro occhi il sito di Gerasa non appariva molto diverso da quanto aveva riferito Yaqut sei secoli prima, come mostrano anche le preziose immagini fotografiche della seconda metà del secolo. La ricerca archeologica intrapresa con la creazione del Regno Hashemita di Giordania ha mostrato che la storia della città si era fermata all’inizio del periodo Abbaside con sporadiche frequentazioni nel periodo Ayyubide-Mamelucco.

Fig. 1 – Jerash, il santuario di Artemide, da est, 1986.
Fig. 2 – Jerash, vista generale del sito antico, da nord.
Fig. 3 – Jerash, il santuario di Artemide, il settore a ovest della grande via colonnata, da est, 2013.
Fig. 4 – Jerash, il santuario di Artemide, il tempio sulla terrazzo superiore, da est, 2013.
Fig. 5 – Jerash, il santuario di Artemide, il Propileo Ovest, da est, 2013.
Fig. 6 – Jerash, il santuario di Artemide, il settore a est della grande via colonnata, anteriormente agli scavi italiani, da ovest, 2000.
Fig. 7 – Jerash, il santuario di Artemide, la Chiesa dei Propilei nel settore orientale, durante gli scavi italiani, da ovest, 2001.
Fig. 8 – Jerash, la chiesa dei Propilei a scavi ultimati, da ovest, 2010.
Fig. 9 – Jerash, la chiesa dei Propilei, la fronte est della facciata, 2010.

La Jerash odierna è il risultato del reinsediamento di profughi sunniti Circassi ad opera dell’amministrazione Ottomana, a seguito della Guerra Russo-Turca. Nel 1878 i nuovi arrivati si insediano sulle rovine di Gerasa a est del wadi Jerash. A ovest, tra le rovine, fu reintrodotta l’agricoltura.

Il sito della città (a nord del 32° parallelo, a est del 36° meridiano), ca. 45 Km. a nord della moderna Amman, sorge su un tracciato delle vie di comunicazione tra il Mar Rosso e il Mediterraneo che da sempre corrono tra la depressione Levantino-Africana e il Deserto Siriano. Si sviluppa sull’ondulato versante nord-occidentale delle formazioni calcaree dell’Altopiano Transgiordano ad un’altitudine compresa fra 550 e 650 m. slm, a oriente ed occidente delle ripide rive del wadi Jerash (l’antico Chrysorrhoas dei greci) che, confluendo nel wadi Zarqa a sud del sito, si getta nel Giordano.


Storia delle ricerche

U. J. Seetzen è il primo viaggiatore occidentale ad identificare nel 1806 le magnifiche rovine di Gerasa, palesemente abbandonate da non meno di un millennio. Ricerche sistematiche, seppure di superficie, iniziarono non prima del volgere del XX secolo; quelle topografiche di G. Schumacher le più significative.

Il Mandato Britannico in Palestina, creò l’opportunità di vere e proprie indagini archeologiche. Nel 1925 G. Horsfield, Consulente Tecnico del Dipartimento delle Antichità di Palestina, rimette in luce la maggior parte delle strade colonnate. L’Università di Yale, congiuntamente alla British School of Archaeology di Gerusalemme dal 1928 al 1930 e all’American School of Archaeology di Gerusalemme dal 1931 al 1934, inizia lavori di scavo e di restauro soprattutto sul versante occidentale del sito, dove erano riconoscibili la maggior parte degli edifici pubblici di epoca romana e bizantina. Le conoscenze acquisite sul terreno e la messa a punto di quelle pregresse furono divulgate nel 1938 da C. H. Kraeling in: ‘Gerasa city of the Decapolis’.

Hashemita di Giordania, che ne acquisì le aree comprese entro la cinta muraria romana a est del wadi, furono riprese seppur limitate indagini archeologiche e progetti di restauri.

Successivamente alla ripresa delle indagini da parte della Missione Italiana nel Santuario di Artemide, il Ministero del Turismo e Antichità di Giordania, nel 1982, lancia un progetto per scavi e restauri a Jerash invitando la comunità internazionale a prendervi parte. Il team francese scelse l’area del santuario di Zeus, il team spagnolo l’area che ha poi rivelato essere il Macellum della città, il team polacco l’area a nord della Decumano Sud e l’Ippodromo, il team anglo-americano l’area del Teatro Nord e il team australiano l’area del Tetrapilo Nord. La missione francese e la nostra, e più recentemente una missione danese, a cui si deve la recente scoperta della moschea omayyade, e una tedesca, sono tuttora operative. L’attività di studio e di ricerca sul terreno di quest’ultimo periodo ha notevolmente ampliato il panorama delle conoscenze sulla città soprattutto per quel che concerne l’urbanistica e la cultura materiale. Alle attività di ricerca si sono affiancati interventi di conservazione-restauro e presentazione al pubblico.

Al Dipartimento delle antichità giordane (DoA) si devono soprattutto i seguenti interventi di anastilosi-ricostruzione: Teatro Sud, Vie colonnate (1950-60); Arco di Adriano, Porta Nord, Teatro Nord, Tetrapili Nord e Sud, Ponte Sud, Porta della cosiddetta Cattedrale, parte nel Santuario di Zeus e del Propileo Ovest del Santuario di Artemide.

Missione Archeologica Italiana a Jerash

L’attività della Missione Archeologica Italiana a Jerash inizia nel 1977 prendendo le mosse dall’Accordo Culturale tra i due Paesi (1975) che ha fornito l’opportunità di riaprire la ricerca archeologica italiana in Giordania (dal 1927 al 1938, sotto l’egida delle Missioni Scientifiche Italiane in Levante, una Missione Archeologica Italiana aveva condotto ricerche sull’acropoli di Amman).

L’obiettivo delle ricerche, in considerazione del relativamente straordinario stato di conservazione dei resti dell’antica Gerasa, doveva essere soprattutto quello di far nuova luce sulle modalità di pianificazione urbanistica ed architettonica di età romano-imperiale sul contesto culturale seleucide-siriaco. Lo studio del considerevole sviluppo delle vie colonnate e il grande complesso monumentale del santuario di Artemide ne hanno fornito l’opportunità.

La MISSIONE ARCHEOLOGICA ITALIANA A JERASH di scavo e restauro è diretta dall’arch. Roberto Parapetti, gestita dal 1977 dal “Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino” – (www.centroscavitorino.it) e dal 2009 da “Monumenta Orientalia”.

Il Santuario di Artemide, il più grande complesso sacro della città, è situato a cavallo della principale via colonnata nord-sud, il cosiddetto cardo, lungo un asse terrazzato ascendente ad essa perpendicolare, sul versante occidentale del sito. La Via Sacra del santuario, che prende le mosse dal Ponte Nord, si sviluppa nella sequenza di spazi architettonici secondo precisi progetti visuali di carattere scenografico. Il santuario era già stato oggetto di parziali indagini archeologiche e sommariamente edito dalla prima missione anglo-americana (1928-1934).

Il tempio al centro della Terrazza Superiore è un periptero esastilo corinzio su alto podio.

Le lunghe colonnate che definiscono i tracciati viari principali, il cardo e i due decumani maggiori caratterizzati da incroci monumentali, non sembrano progettate per sostenere porticati coperti come avviene ad esempio a Palmira; definiscono piuttosto architettonicamente il vuoto tra pieni dello spazio viario.

L’intersezione con il cardo, in particolare, è realizzata mediante l’espansione dinamica generata dall’impianto trapezoidale, illusionisticamente in grado di superare l’attraversamento viario.

I colonnati si articolano, a loro volta, in raggruppamenti gerarchici caratterizzanti di colonne di differente modulo corrispondentemente agli edifici alle loro spalle. Le architravature dei colonnati sulla strada di edifici adiacenti, ma di differente modulo, si avvalgono di mensole aggettanti dal fusto del colonnato maggiore a sostegno della contigua architravatura di modulo minore. La stessa modalità si riscontra nei colonnati di uno stesso edificio dove se ne intende evidenziare l’assialità geometrica. A Palmira, simili mensole sono al contrario funzionali al sostegno di statue.

Oltre alla documentazione topografica e architettonica, sono stati portati avanti lavori di scavo e di restauro mirati al consolidamento statico e alla corretta comprensione degli edifici principali del santuario.

Interventi di anastilosi erano già stati portati avanti dalla prima missione anglo-americana nel Propileo Ovest del santuario e negli anni 60 e 70 del 1900 dal Dipartimento delle Antichità.

1977-2008

Documentazione e scavo:

– rilievo topografico delle evidenze entro le mura romane di Gerasa con le principali emergenze architettoniche e le vie colonnate,
– scavo del complesso ceramico bizantino-ommayade nell’area del tempio di Artemide e del grande altare,
– sondaggi e scavi nella colmata bizantina della Terrazza Intermedia del santuario e rinvenimento di ambiente absidato mosaicato,
– documentazione e rimozione dei crolli post-sismici dalla cella del tempio e scavo negli ambulacri,
– scavo degli ambienti lungo la Fronte Ovest del santuario, di sostruzione della Terrazza Intermedia: ambulacro, propileo e botteghe a Ovest della grande via colonnata Nord-Sud, il cardo,
– scavo degli edifici del santuario a Est della grande via colonnata (atrio della cosiddetta chiesa dei Propilei).

Conservazione e restauro:

– restauro e consolidamento della struttura della Fronte Ovest e degli ambienti di sostegno alla Terrazza Intermedia,
– anastilosi delle grandi colonne del Propileo Ovest,
– conservazione-ricostruzione della scalinata del Tempio e restauro dei resti del Grande Altare e delle fornaci bizantino-ommayadi.

2009-2019

Documentazione e scavo:

– continuazione dello scavo degli edifici del santuario a Est della grande via colonnata = Chiese dei Propilei (aula basilicale, abside e presbiterio),
– bonifica e trattamento fito-biologico dell’area a Ovest della via colonnata nord-sud
– scavo del cosiddetto Altare Minore sulla Terrazza Intermedia.
– schedatura dei materiali di scavo pregressi.

Conservazione e restauro:

– restauro e consolidamento del pilastro all’angolo N-O della Piazza Trapezia /atrio della chiesa dei Propilei,
– restauro e conservazione del portale centrale della chiesa dei Propilei,
– progetto AFCP: conservazione del tempio di Artemide, diffusione e sensibilizzazione della comunità locale.

MEMBRI DELLA MISSIONE ARCHEOLOGICA ITALIANA A JERASH-GIORDANIA

ARCHEOLOGI:
Baldoni Daniela
Barbieri Gabriella
Bergamini Giovanni
Bitti Maria Cristina
Brizzi Massimo
Cimadomo Paolo
Curatola Giovanni
Fontana Maria Vittoria
Lazzarini Maria Letizia
Mastrogiacomo Mariella
Palermo Rocco
Pantanella Edoardo
Piazza Maria Gabriella
Pierobon Benoit Raffaella
Sepio Daniele

TECNICI
Altieri Antonella
Angeli Beatrice
Basilissi Vilma
Bernetti Federico
Bertazzoli Enrico
Bertolotto Giuseppina
Cardilli Francesco
Cianfrocca Franco
Cura Murat
D’Ajala Dina
Fino Guido
Iecco Paola
Mandich Cristiano
Marta Roberto
Musso Maurizio
Paris Marina
Quaresima Mario
Rizzi Jonathan
Santarsiero Domenico
Volta Stefano