YEMEN – Siti

Fig. 1 – Un’abitazione dell’Età del Bronzo dopo lo scavo
del 1984 in un sito del Wādī Yanā‘im
(al-A‘rūsh, Khawlān al-Tiyāl).

Già nel 1981, l’anno seguente alla fondazione della Missione, durante una ricognizione nel Khawlān at-Tiyāl, la Missione italiana ebbe la fortuna di imbattersi, nel Wādī Yanā‘im, in un sito con resti di case circolari (Fig. 1), ceramica e industria litica che non dimostravano alcun confronto con le antichità di periodo sudarabico. Era questo il primo insediamento dell’età del Bronzo mai rinvenuto nello Yemen (Fig. 2). Nella zona, chiamata al-A‘rush, la Missione ne scoprì poi (campagne 1983, 1984, 1985) molti altri e, grazie ad alcuni scavi e all’intervento di specialisti di discipline affini all’archeologia, si poté avere un quadro abbastanza esaustivo di quella nuova cultura, che dimostrava nelle ceramiche e nei bronzi chiari legami con le omonime culture del Nord (Palestina, Siria). La scoperta dell’età del Bronzo dello Yemen destò notevole scalpore nella comunità scientifica internazionale, sia perché identificava per la prima volta le popolazioni che avevano preceduto i Sabei, sia perché riportava l’Arabia meridionale in un contesto culturale comune con le regioni settentrionali della Fertile Mezzaluna. Fu quella scoperta che innescò le varie e numerose indagini (americane, tedesche, yemenite) che ne seguirono sull’età del Bronzo nello Yemen.

Fig. 2 – Ricostruzione di un villaggio dell’Età del Bronzo del Khawlān al-Tiyāl.
Fig. 3 – Strumenti del Neolitico rinvenuti nei siti dell’altopiano e nel deserto del Ramlat al-Sabʻatayn.
Fig. 4 – Ricognizione nei siti neolitici nel deserto
del Ramlat a-Sabʻatayn (1985).

Nel frattempo (1981, 1983), le esplorazioni avevano rivelato anche l’esistenza di numerosi giacimenti archeologici pre-ceramici, ascrivibili sia al Neolitico che al Paleolitico (Fig. 3), sia nell’altopiano (al-A‘rush, al-Hadā, Wādī ath-Thayyilah, Jabal Qutrān), sia nella Tihāmah (al-Shūmah), sia nel deserto del Ramlat as-Sab‘atayn (Fig. 4). Le culture antiche dello Yemen, quindi, aumentavano in antichità e in quantità. L’Organizzazione Generale delle Antichità, Manostritti e Musei, che allora era relativamente giovane e non sufficientemente adeguata a gestire il proprio patrimonio archeologico, chiese l’assistenza italiana per la creazione di nuovi quadri specializzati. Fu così che, nel 1983, la Missione divenne l’organo esecutivo, per conto dell’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO) di Roma, presieduto dal prof. Gherardo Gnoli, di un programma di formazione archeologica nello Yemen finanziato dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri. Il lavoro di cooperazione proseguì senza soste fino al 1987 e poi, con due altre convenzioni, dal 1989 al 1992.

All’impegno della ricerca, quindi, si aggiunse per noi il compito della formazione. Questo però non fece che aumentare l’entusiasmo nel nostro lavoro. La collaborazione con gli amici yemeniti divenne ancor più franca e fraterna. Le scoperte continuarono ad arrivare, corroborate dal duplice valore dell’apporto scientifico e del contributo didattico.